
Già esisteva una strada (probabilmente la via Albana) che conduceva dal clivus Martis (l'altura vicino alla chiesa Domine quo vadis - in prossimità del bivio a sinistra di via della Caffarella) ad Alba quando nel 312 a.c. il censore Appio Claudio decise di "fortificarla" (Livio).
Effettivamente da quel punto inizia il percorso perfettamente rettilineo della via Appia. Soltanto diciotto anni dopo fu costruito dai fratelli Ogulnii, edili curuli, il tratto di strada dalla porta Capena (la porta delle mura repubblicane in prossimità del Circo Massimo) al clivus Martis, grazie alle somme di denaro confiscate agli usurai.
Qualche anno dopo, infine, fu lastricato con poligoni di basalto dei Colli Albani il tratto dal clivus Martis a Boville (l'odierna Frattocchie).
Gli scopi militari risultarono evidenti dai successivi prolungamenti (nel 268 a.c. a Benevento, nel 190 a.c. fino a Venosa e quindi Taranto e Brindisi) aprendo così una via diretta tra Roma e l'Oriente.
Il poeta Stazio la definì regina viarum. (...qua limite noto Appia longarum teritur regina viarum... dal II libro delle Silvae)
Il tratto più bello è quello che va dalla tomba di Cecilia Metella al Casal Rotondo (in prossimità di via di Torricola). Sono circa 4,2 km arricchiti da bellissimi monumenti funerari.
Noi abbiamo proseguito sino a Frattocchie, dove i tracciati dell'Appia Nuova e dell'Appia Antica confluiscono e proseguono come unica via. In questo tratto inizia a prevalere un certo degrado che prende il sopravvento sulle bellezze del paesaggio e dei monumenti. In alcuni tratti la via si riduce ad un minuscolo sentiero tra le erbacce ed i resti dei monumenti diventano sempre meno intelliggibili.
Resta comunque intatta la suggestione che si prova percorrendo, a piedi, una strada che tanto ha segnato la storia di Roma.
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